Ti ricordo alto sopra il letto
A raccontarmi di quel volto
Illuminato solo da un piccolo fuoco
La speranza di riscaldare un vuoto.
Sfrega, sfrigola e brucia
E lasciami quell’odore di cenere sospesa.
Dietro questa favilla
Un’assenza arresa
A mostrar maschere
Posticce vesti vermiglie
Ma è solo il riverbero della luce
Che un buio di versi è un canto
che accende e sottende,
silenti universi e simulacri
Che abiti da nomade del senso.
Sfrega, sfrigola e brucia
E lasciami quell’odore di cenere sospesa.
Impara a donare di te mille occhi autentici
Dietro mille altri trucchi fallaci.
E ogni lembo di realtà
Lascia dentro di noi un lungo inverno
Così che ogni paludamento è un gioco
Di specchi che si frantumano
Ferendo solo sé stessi.
Sfrega, sfrigola e brucia
E lasciami quell’odore di cenere sospesa.
E ci ammantiamo,
lasciando che sia un’ ombra
a trafiggere il vento gelido.
E il velo di Maya è un paludamento monacale
Del quale non ci svestiamo nemmeno al bagno.
Sfrega, sfrigola e brucia
E lasciami quell’odore di cenere sospesa
nelle narici che ha l’effetto strano d’eccitarmi e
Riportarmi indietro ad ustioni infantili.
E ogni lembo di realtà lascia dentro di noi
Un lungo inverno
Da rimboccare.
Michela Chessa – dalla raccolta “Nottivaga“