Cattedrale - foto di Michela Chessa (Praga)

Cattedrale

Mi innalzo verso il cielo
con le braccia colme d’universo.

Dentro è l’eco,
un rimbombo che rasenta il pavimento,
trasformandosi in brivido.

Passi su passi, fino a consumarmi.
Dove la simmetria è morte, l’imperfezione vince.

Occhi che incontrano la divina indigenza.
I vostri occhi che scrutano senza posa le mie viscere.

I vostri respiri dentro il cuore.
Ho il vostro alito che inumidisce
i miei occhi perennemente fissi.

Il mio nome è Argot.
Un giglio incolto
che prorompe selvaggio dalla terra.

Iside materna nel mio grembo feconda.
Dedalo mi desidera e si fa strada dentro di me,
dedalo semina.

La bellezza che prorompe dalla dissonanza.

Io sono Argot e osservo i vostri passi.
Io sono il profondo desiderio che mi creò
e l’esile ricerca che vi porta presso di me.

Ricordo le mani che mi hanno sfiorata,
i colpi che mi sono stati inferti,
le cicatrici dell’umana impazienza.

Ricordo l’odore del mio primo giorno,
il palpito esausto del mio cuore di pietra.

Ma tutto si muove fuori di qui. Tutto ha una fine.
E i bambini mi corrono dentro e le strade s’innalzano.

Tutto continua ad avere una fine.
Tutto sfugge via.

Michela Chessa – dalla raccolta “Nottivaga